ELLA credo

Credo nel lavorare bene e con passione
Credo che se i prodotti sono validi e il servizio e' valido, sia giusto ricavare profitto
credo nel metterci la faccia, nel fare errori e ripartire da zero


domenica 29 novembre 2015

Happy asparagus season! We wish you the very best asparagus season from Peru' .Let's have some!

IFS Food. vs. 6 Factory. Quintessence of quality. Highest specifications at work. High level of processing. I simply bow down to Peruvian asparagus team who gave me the opportunity to share all this. 













sabato 24 ottobre 2015

food industry in evolution: milk powder in cheese. .... Arriva il formaggio fatto anche con il latte in polvere ricostituito

IN allegato un editoriale firmato dal Presidente ONAF, estratto da IN-forma, rivista pubblicata in associazione a ONAF. Italia schiacciata dagli abusi di potere locale, che nulla puo'imporre alla CE. Peccato.

sabato 12 settembre 2015

Il punto (su) g - Dottrina Etichettandi


Non va! Che pensavate? 


















"g" e' un simbolo solipsisista, per statuto del D.P.R. 802/1986: Attuazione della Direttiva CEE n.80/181 relativa alle unita' di misura.


Rigorosamente con la modestia del carattere minuscolo; segue l'espressione numerica della quantita' di peso. Infatti il capoverso 1.4 del D.P.R indica: 
I nomi ed i simboli dei multipli e sottomultipli decimali dell'unità di massa vengono formati mediante l'aggiunta dei prefissi alla parola «grammo» e dei loro simboli al simbolo «g».  
Forse il pensiero dell'imbandigione seduce l'etichettatore professionista che abbonda, sposta, estende, con la fantasia di un vivandiere gonzaghesco. Talvolta g diventa "Gr.", o "Gr": eh si, perché  come diceva Toto' meglio abbondare, secondo il detto latino "abbondandis in abbondandum" (cfr. Toto' Peppino e la malafemmina- La lettera). E' che, tanto più' uno mette tanto più' dimostra che meno sa. Un mancato spazio può  scappare, umano lapsus calamai del grafico strattonato dalle esigenze di produzione. 
"g" Talvolta si allunga a "grammo" sul cartiglio di etichettatura, altre, trascurando ogni dettame metrologico -ebbene si', anticipa l'indicazione della quantita' di massa. Da protagonista, con o senza punteggiatura. Per favore, "g" e' senza effetti speciali,  senza blasonature affettate; non e' che se mettete una consonante in più' la pasta appaia più' buona, lo yogurt più' vellutato, il sugo più' appetitoso; e più' in generale, il peso più'  pesante. 



 

PS. Il quintale non e' una unita' di misura legale e pertanto non può' essere usato nemmeno sui documenti commerciali; lo so che per i conservieri e' un duro colpo, ma dura lex sed lex. 


venerdì 4 settembre 2015

Pubblicazione estratta da Quotidiemagazine _ Pizza, campionati di pizza e Analisi sensoriale


Ringrazio la Dottoressa Lauri, esperta in tecnologia della panificazione,  per la pubblicazione di cui sotto nella rivista Quotidiemagazine.
Buona lettura a tutti e.

Gare ai Campionati di Pizza: risultato affidabile? - Elsa Cugola Consulente Aziendale ed esperta Analisi Sensoriale

SI...se svolto con l'ausilio dell'Analisi Sensoriale


pizza scienzaLo scenario attuale “di un concorso di pizza” ci e’ ben chiaro, nella sua connotazione più rappresentativa:  il pizzaiolo gareggiante, con le mani frizzanti di tensione presenta la pizza ai giudici. Qui c’è tutto l’azzardo di una roulette russa: nella maggior parte dei casi i giudici non hanno mai “lavorato“ insieme prima. Possono far parte del panel (ovvero del gruppo di assaggiatori): il pizzaiolo che fa dell’assaggio un pranzo abbondante, l’esperta che non ingoia una briciola e l’imprenditrice di qualche locale del Far East, (che prima si occupava di moda). Il punteggio attribuito da ciascun giudice, secondo metodo “personale”,farà media con quello dei colleghi, che a loro volta adottano il loro metodo. Ne conseguono plausibili controversie sulla correttezza, della vittoria dell’uno o dell’altro gareggiante. Ecco quindi come l’analisi sensoriale, previo percorso formativo dei giudici, possa contribuire a sbrogliare questa matassa di non omogeneità e qualche volta scarsa conoscenza della materia da parte dei giudici. Per fare un panel di giudici alle gare di pizza, è necessario svolgere uno screening inizialeper individuare difetti ostativi all’assaggio: disgusto per una categoria di alimenti (asparagi o salumi), corretta conoscenza e uso dei descrittori (fragranza croccantezza, friabilità) e valutazione della disponibilità’ del candidato a interrelazionarsi con i colleghi che insieme devono stabilire il metodo di valutazione delle pizze. In questo modo si riducono le fonti di errore per incomprensione “linguistica”.

Da un pool di 14 candidati sono stati selezionati 10 pannellisti, settimanalmente allenati mediante un programma che annoverava test gustativi, olfattivi e tattili, per la definizione di descrittori appropriati.
Il metodo adottato e’ la QDA: l’Analisi Descrittiva Quantitativa che associa una intensità’ al descrittore individuato; successivamente si pongono in correlazione le etichette semantiche per lo sviluppo di un profilo completo. Sfatiamo il falso mito per cui “non è possibile fare analisi sensoriale con la pizza perché  è un prodotto troppo variabile (escludendo l’STG)”. Il team di docenti esperti ha poi scomposto la matrice pizza, in due unità sensoriali: impasto farinaceo e farcitura. Per ciascuna di esse sono stati sviluppati dei descrittori mappati su una superficie geometrica. È stato fatto focus sulla base della pizza. Una scheda guida  aiuta i corsisti a  suddividere i rilevamenti attraverso i sensi di:
  • Udito: es.: croccantezza, masticabilità, (durezza)- accennate o persistenti in sede di masticazione;
  • Tatto: es.: rugosità, friabilità, sofficità  (dell’impasto) farinaceo (tipico della pizza STG);
  • Olfatto : di cereale cotto, di integrale (crusca),  di grasso (vegetale), tostato etc....
  • Gusto e retrogusto (dominante) scaturito dalla sommatoria delle componenti base e farcitura.

Tra i vari descrittori individuati per la base ad esempio:
  • Unto (presenza di grasso, vegetale animale etc....);
  • Duro (misurabile con la masticabilità di un boccone);
  • Soffice / morbido;
  • Friabile;
  • Croccante (termine onomatopeico che richiama il suono “croc” ripetuto in bocca;
  • Salato (es. il pane azzimo rappresenta il bianco - il sale è assente).

Si è adottata la tecnica del piano ruotato, organizzando repliche di due o tre sessioni, in anonimo. Il programma di allenamento è stato intenso, ma ha dato modo ai corsisti di scoprire le potenzialità – immense - dei loro sensi. Hanno scoperto le frontiere dell’assaggio con metodo. Le esercitazioni hanno coinvolto tutti i sensi, prima singolarmente, poi in sinergia. Sono state realizzate soluzioni liquide per individuare la soglia di percezione e di riconoscimento dei pannellisti dei gusti base, di alcuni odori dell’universo “pizza”. Si e’ preferito usare standard reperibili in cucina per agevolare l’allenamento “casalingo”, che per un pannellista allenato, non deve mai fermarsi. Quindi si è utilizzato come soluto: sale da cucina, dado di carne, saccarosio, succo di limone, caffeina e così via.

Tab. 1: Programma di allenamento dei candidati.
SettimanaTest Gusti BaseRepliche
1 - 2 - 3Gusti base (dolce, salato, acido, umami, amaro) e odori base (23).3
4 -5Identificazione delle soglie di percezione e riconoscimento, test triangolare di riconoscimento.3
6Percettori tattili per la base cotta di una pizza rotonda e su tipi di pane.2
7  -8Test gusti e odori. Esercitazioni descrittive su tipi di pane tenero e durodi grano salati e non. Test di ordinamento per intensità e test triangolari.3
9 - 10Redazione e utilizzo di una scheda descrittiva per la valutazione di una pizza stesa farcita pronto consumo.3

A ciascun panelista è stato associato un acronimo di fantasia; si e’ evitato l’uso di numeri casuali, (nel rispetto dei dettami della disciplina), per accelerare la familiarizzazione con le esercitazioni. Il 100% del panel era maschile.  Sono stati preparati dei campioni di pizza, presentati appena sfornati. Per l’impasto farinaceo è stato sviluppato un pool di descrittori per individuare le proprietà meccaniche della base. Ovvero, selezionando i descrittori “caratterizzanti”: 
DescrittoreStandardProcesso
FriabilitàCracker fresco e brioche al burro.
Porre il campione tra i molari e comprimere in modo uniforme fino a che esso non si sbriciola sfaldandosi.
valutare la forza con cui i pezzetti sono proiettati lontano dal punto di frammentazione.
SofficitàParametro legato alla masticazione.Porre il campione tra i denti e valutare la forza e il tempo (sec.) necessari per "distruggerlo".
CroccantezzaPatatina marca XXX. Persistenza al suono "croc"che risuona in bocca.Addentare il prodotto, morderlo per strapparne una porzione e ascoltare il suono prolungato "croc".
GommositàDescrittore vicino a quello della Sofficità: es.una gomma da masticare, una caramella gommosa.Base che sollecitata dalla masticazione ritorna alla posizione iniziale resistendo alla frantumazione. Occorre valutare il numero di manipolazioni necessarie per disgregare l'alimento.

Per quanto concerne invece i descrittori guastativi sono stati annoverati come minimo:
DescrittoreStandardProcesso
SapiditàPane azzimo - totalmente insipido corrisponde allo "zero" della scalaGustativo
Acetico/latticoStandard: Pasta acida o fermentataOlfattivo
BruciatoBase di pizza con molto spolvero di farina bruciata (>40%) della superficie nera o sfumata di nero.Visivo e Gustativo. Si tratta di una diffettosità della pizza se l'intensità della nota è maggiore di 4.
Umami/AromaticoPani con semilavorati ai 5 cereali (5% dei cereali diversi dal grano tenero al 55%). Uso di farine macinate a pietra.Gustativo e minimamente Visivo e Olfattivo.
Cartone BagnatoPane bagnato con o senza grassi lasciato a temperatura ambiente.Olfattivo e Gustativo.
Amaro / Pungente /anomaloBase di pizza realizzata con farine "vecchie" aventi eccessiva maturazione e conservazione.Gustativo. Si tratta di una difettosità.

Esercitazioni ripetute sulla comprensione e individuazione delle etichette semantiche: ad es. salato, tostato, lievitato, friabile ecc., ha consentito al panel leader, di correlare i descrittori (correlazione positiva e negativa) in uno spazio campionario.
I descrittori individuati sono stati il punto di partenza di un lungo lavoro di validazione dei descrittori appropriati per la pizza.
Attualmente il gruppo di lavoro sta lavorando per la realizzazione di un più’ articolato atlante di etichette semantiche con cui consentire lo svolgimento di valutazioni oggettive e per questo difficilmente contestabili sulla matrice pizza.

domenica 30 agosto 2015

Etichettatura alimentare- il claim naturale: Asparago verde Peruviano congelato

Il banco freezer del supermercato, attrae più' di una sequenza di vetrine di scarpe da donna dalle vertiginose alture; "As... X, verdi al naturale": sara' lecito? Il regolamento claim in merito fa il verso del pesce; la menzione di "naturale, naturalmente ricco di .. fonte naturale di ...." e' ben altro tema. Non resta che attingere dalla bibliografia, per la quale: 
distinctions amongst: natural food or natural ingredient
Natural 
Non Natural 
single ingredient or compound food to which nothing is added non natural
single foods to which nothing is added. Compound foods where all ingredients are natural may be described made by natural ingredients
Compound foods that include non natural ingredients. 
not interfiered with by man by use of chemicals 
foods or igredients not altered by use of chemical 
Foods or ingredients that have been chemically changed or extracted with solvent 
not interfiered with by man by use of technology or normal consumed by man 
Food or ingredient that are as in nature and normally consumed by man
GM foods or novel foods, or cloned 
Not interfiered with by man that treaded only with processed that are traditionally used in food preparation including fermentation
Food or ingredients that have been treated with traditional food preparation processed such as baking or roasting. Foods or ingredients that employ traditional fermentation processes. if food are treated with processes such as concentration or pasteurization they should not be described as such as natural but may be described as- for instance “pasteurized natural orange juice”. 
Foods or ingredients that have been treated with novel processes or processes not in accord with consumers expectations of what is natural such as bleaching , ion exchange chromatography Food or ingredients that have been synthesized with the use of immobilized microorganism or not traditional fermentation or non traditional enzyme treatments. 
Quindi "naturale" allude a un prodotto cui nulla e' stato aggiunto, ovvero, nella doverosa interpretazione del consumatore (quello medio .... tanto caro all'AGCM, che non legge i cartigli perché  svantaggiato, ma che memorizza le relazioni sentimentali degli attori delle soap opera o i pettegolezzi del calcio circense) ,e' associata all'assenza di trasformazioni chimiche ed additivazioni.Certo e' che e' stato effettuato un intervento sul prodotto, portandolo a temperatura negativa, ben evidenziata, sia in denominazione legale sia in istruzioni di conservazione. Ma la natura intrinseca del prodotto non e' stata alterata; inoltre la tanto pretesa tutela al consumatore e' preservata mediante la più  inincolpabile delle presentazioni. Per fortuna siamo in EU, giacche' così  scrive la FDA sul sito web: “it is difficult to define a food product as ‘natural’ because the food has probably been processed and is no longer the product of the earth,” , come a suggerire che l'industria non deve sottolineare il tema troppo marcatamente, con il rischio di scoprire che tutto ciò' che vende non e' naturale. Sovviene un estratto di un libro: “Cooked: A Natural History of Transformation.”, di Michale Pollan, Universita' della California, Berkeley: 

it isn’t every day that the definition of a common English word that is ubiquitous in common parlance is challenged in federal court, but that is precisely what has happened with the word “natural.” During the past few years, some 200 class-action suits have been filed against food manufacturers, charging them with misuse of the adjective in marketing such edible oxymorons as “natural” Cheetos Puffs, “all-natural” Sun Chips, “all-natural” Naked Juice, “100 percent all-natural” Tyson chicken nuggets and so forth. The plaintiffs argue that many of these products contain ingredients — high-fructose corn syrup, artificial flavors and colorings, chemical preservatives and genetically modified organisms — that the typical consumer wouldn’t think of as “natural.”Judges hearing these cases — many of them in the Northern District of California — have sought a standard definition of the adjective that they could cite to adjudicate these claims, only to discover that no such thing exists......
At least at the margins, it’s impossible to fix a definition of “natural.” Yet somewhere between those margins there lies a broad expanse of common sense. “Natural” has a fairly sturdy antonym — artificial, or synthetic — and, at least on a scale of relative values, it’s not hard to say which of two things is “more natural” than the other: cane sugar or high-fructose corn syrup? Chicken or chicken nuggets? G.M.O.s or heirloom seeds? The most natural foods in the supermarket seldom bother with the word; any food product that feels compelled to tell you it’s natural in all likelihood is not.
But it is probably unwise to venture beyond the shores of common sense, for it isn’t long before you encounter either Scylla or Charybdis. At one extreme end of the spectrum of possible meanings, there’s nothing but nature.

Insomma, e' come dire che "naturale" non vuole più' dire nulla e che e' meglio cercare altrove consolazione per i nostri valori. 
Dissimulo l'interesse tecnico gettando nel carrello,  qualche pacchetto - rigorosamente formato famiglia- si preconizza un menu' monotematico per molti giorni, "natural style" all day along. 
asparago grado A IQF, conf. 1 kg

peperone Californian, rondella, IQF 



lunedì 3 agosto 2015

Pomodoro tunisino essicato al sole, il valore di una campagna qualitativamente pregevole -2015


Campagna 2015- raccolto modesto, ma la temperatura consente una buona trasformazione. Il colore parla da solo: rosso vivido. Lunghezza non proprio sfacciata, piccole dimensioni, ma buona qualità'. Sotto riportata la varietà' Sabra. 46 C al mattimo alle 5, 48 C alle 11, il pomodoro e' pronto sotto gli occhi, occorre sbrigarsi perché' altrimenti si brucia (ovvero si ossida). Quest'anno non vi e' bisogno di ascorbico o citrico, sale e pomodoro, pomodoro e sale. Corpo delle operatrici coperto dal sole, pazienza e cura nei ribaltamenti. 
Refrigerazione, immediata, anche prima della selezione. Una botta di freddo- pensa la scrivente, fa sempre bene. Contrasta gli insetti, e blocca il colore. Mai avere paura di raffreddare il pomodoro secco, e' come un elisir di eterna giovinezza.... freddo freddo sempre. Se potessi farei lavorare le donne al freddo.... Selezione su reti, perché' il terriccio e la polvere possano cadere, e per far respirare il pomodoro. Thanks God. 





selezione sulle reti al coperto

sacchetto blu.. si ma il pomodoro respira

il pomodoro assorbe umidita' dall'ambiente

qualche giorno al massimo e questo pomodoro e' pronto 

Pomodoro essicato tunisino -il significato di una stagione sfavorevole


Sotto evidenti i risultati di una campagna sfavorevole, quella del 2014 per esempio. Caratterizzata da umidità', piogge, raccolto scarso e stentato. In simili circostanze e' facile incappare in problemi qualitativi. Tempeste improvvise alzano polvere da terra e contaminano il pomodoro, a nulla serve bagnare a terra, il prodotto ha poca polpa e molta buccia, e' facilmente attaccabile da miceti e insetti. Lo scarto raggiunge per alcune parcelle anche il 40% in peso. Dopo i temporali occorre trattare il prodotto con acido citrico e ascorbico, ma la bellezza della naturalità' e il vigore del colore rosso e pulsante e' perduto. 


















sabato 25 luglio 2015

Etichettatura alimentare: il contenuto di sale e' dovuto esclusivamente al sodio naturalmente presente

Cosi' recita l'art. 30 del regolamento FIC N. 1169/2011 inerente l'etichettatura dei prodotti alimentari. 
Il legislatore aggiunge (con il solito tocco di sicurezza): "ove opportuno". 
Che vuol dire? Che negli ingredienti in cui non vi e' additivazione di sale posso indicare che il sale presente e ' quello contenuto nell'alimento. Pura ovvietà', mi domando perché' concedere questo claim, tanto ridondante quando confusionario. 
E' ovvio che una terrina di verdure scottate (V gamma: due cartoline lessate, in confezione skin, un latte fermentato con aroma cannella- che fa molto Nord Europa e magazzino di mobilia low cost) o alcuni latticini non sono additivi con sale, quanto meno, normalmente, nel nostro paese. Dunque, via al claim, per gareggiare alla miglior vendita sullo scaffale. Ma se io volessi, per vendere un kg in più' nel mese di ferragosto, aggiungere il claim: "a basso contenuto di sodio", riferendomi a quanto consentito dal Reg. 1924? Basta che il contenuto di sodio /sale sia inferiore a 0,12 g e la magia e' fatta. Metto entrambi i clam e magari anziche' un pacchetto ne vendo due.... Il regolamento claim parla di sale/sodio lasciando arbitrio dell'uso dell'una o dell'altra parola
Il FIC no! Potenza della legislazione comunitaria, che ha bisogno di una pillolina per la memoria, e forse ben altro. Perché'  la pubblicazione del secondo regolamento (1169/2011) non si e’ ricordata del primo (reg. claim) e per agevolare la comprensione da parte del consumatore, autorizza l'uso del termine "sale".  Stop.. 
A questo punto, per rimediare all'erroraccio del FIC, che menziona di solo sale (calcolato come sodio *2,5) sono forzata ad usare il termine sale. In questo modo non esiste rischio di confondibiita' dalla comparazione dei due claim, riportati sulla stessa facciata principale del pacchetto alimentare. 

Che cosa ci dobbiamo aspettare  come novità' delle prossime pubblicazioni del legislatore comunitario? 
Io consiglio di dare uno sguardo all'oroscopo, quello di ottobre, fatto da una sciamana Inuit, tra le pendici aguzze delle scogliere groenlandesi. Sicuro che quello ci azzecca con il pronostico della futura legislazione comunitaria. 
Buona estate. ella@whyjustfood.com 





sabato 11 luglio 2015

Etichettatura alimentare- focaccia rustica made in Italy- prodotto italiano

Ore 20.01, di sabato pomeriggio. Un messaggino telefonico consegna il quesito: - "posso scrivere Prodotto italiano sulla facciata della mia focaccia per XX”. Eh ma dai o prendo questo treno o passa, o stampo adesso o dopo perdo il cliente. (La seconda frase e’ il solito minaccino psicologico ben artato ai danni del consulente tapino che ama lavorare per le aziende). 
Una scarica di foto seguono completano il quadro:  Bandierona tricolore sulla facciata principale, claim: Made in Italy, benemerenze varie del “mastro di arte bianca”, fotografato con il trofeo pacchiano di non so quale gara, campione del mondo di non so quale campionato. Eh si ‘ perche’ ho imparato che vi sono vari campioni del mondo di varie gare. (Chissa’ se esiste il campione del mondo dei campioni….del mondo). 
Rinforzino: claim: Focaccia YY lavorazione a pietra, spianata a mano, (meno male che hanno risparmiato l’ardire di indicare che la spiana a mano solo il campione del mondo). 

Il codice doganale e’ salvifico alla risposta affermativa. Lettera n, art. 24: “Quando a realizzare un prodotto…...il paese originario e’ quelllo in cui si e’ effettuata la trasformazione sostanziale …. “  Insomma quello che gli fa fare un salto merceologico. Lo sfarinato informe diventa focaccia, grazie alla maestria dell’arte bianca. Sono in una botte di ferro: dichiarazione veritiera della spinanatura a mano, della macinatura a pietra della farina- fa molto Middle Age, sa di primitivo e quindi di puro per la massaia di Voghera. 
Devo suggerire al cliente di non esagerare con  l’italianeita’ in quanto tale, se la dichiarazione arriva a essere 100% made in Italy et similia allora devo avere il grano originario dallo stivale con conseguente lievitazione della focaccia, si’ alla cassa ($). 
Ma si’,  anche quel pasticciaccio brutto di  decreto legge emergenziale,  num. 135/2009, coordinato con la legge di conversione, num.  166/2009, conferma il parere. Ve lo ricordate? Quello emesso in fretta e furia, mentre tutti gli imprenditori alimentaristi erano con i piedi sui bagnasciuga. Un decreto si diceva- a protenzione della manifattura italiana. Di cui: Art. 16, comma 1 e 4, sotto riportati. 
Il decreto conferma il mio parere. 
Art. 16. Made in Italy e prodotti interamente italiani
1. Si intende realizzato interamente in Italia il prodotto o la merce, classificabile come made in Italy ai sensi della normativa vigente, e per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano.
4.
Chiunque fa uso di un'indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, quale «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano», in qualunque lingua espressa, o altra che sia analogamente idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione, al di fuori dei presupposti previsti nei commi 1 e 2, e' punito, ferme restando le diverse sanzioni applicabili sulla base della normativa vigente, con le pene previste dall'articolo 517 del codice penale, aumentate di un terzo.

L. N. 350/2003 
49. L'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza costituisce reato ed è punita ai sensi dell'articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, .ovvero l'uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine senza l'indicazione precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore sulla loro effettiva origine estera. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio. .......
Eh pero’…occorre considerare anche  l’art. 26 comma 1-5 del FIC (Food information to consumer). Il regolamento e’ gerarchicamente soverchiante le disposizioni nazionali, (quasi sempre!);  in questo caso e’ di stesso livello del codice doganale (emesso con la 450…. ). 

Dopo penosa riflessione, salvata (per ora) dalla promessa disattesa della commissione di emettere un parere sul comma 3, inerente l’impatto della dichiarazione di origine /luogo di provenienza, (per ingrediente caratterizzante o costituente piu’ del 50% dell’alimento) indico parere favorevole alla dichiarazione. 
Con un ramo d’ulivo in “lane bende avvolto”, a guisa delle suppliche greche (quelle dell’antichita’- le attuali son di ben altra foggia), attendo mesta e pietosa che la commissione emetta un parere, definitivo, certo, inequivocabile, perche’ non si puo’ continuare a fluttuare tra una legge e l’altra sperando che il pubblico ufficiale (della forestale, dei Nas, dell’asl, di….) conosca tutte le citate disposizioni e convenga con l’interpretazione applicativa espressa. 
Sperando ancora che la cassazione a sessioni unite abbia in passato emesso pareri in assonanza a quello consulenziato e sia in assonanza con le disposizioni europee. 
Sperando, e ringraziando deferentemente per l’alacre lavoro della commissione europea, quando si degnera’ di consentirci di lavorare con dignita’. 

sabato 4 luglio 2015

Etichettatura alimentare- D.L. 116/2014 sulla applicazione delle sanzioni per errori di lieve entità'

D.L. 116 del 14/08/2014- art. 3 per i prodotti agroalimentari, modifica del D.L. 91/2014  in particolare: 
 ((3. Per le violazioni alle norme in materia agroalimentare, di lieveentita',per le quali e' prevista l'applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, l'organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerta per la prima volta l'esistenza di violazioni sanabili, diffida l'interessato ad adempiere alle prescrizioni violate entro il termine di venti giorni dalla data di ricezione dell'atto di diffida e ad elidere le conseguenze dannose o pericolose dell’illecito amministrativo. Per violazioni sanabili si intendono errori e omissioni formali che comportano una mera operazione di regolarizzazione ovvero violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili. In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida di cui al presente comma, entroil termine indicato, l'organo di controllo procede ad effettuare la contestazione, ai sensi dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tale ipotesi e' esclusa l'applicazione dell’articolo  16 della citata legge n. 689 del 1981.   3-bis. L'articolo 7 del decreto legislativo 30 settembre 2005, n.225, e il comma 4 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 aprile  2010, n. 75, sono abrogati)). 
  4. Per le violazioni alle norme in materia agroalimentare per le quali e' prevista l'applicazione della sola sanzione amministrativa  pecuniaria, se gia' consentito il pagamento in misura ridotta, la  somma, determinata ai sensi dell'articolo 16, primo comma, della  citata legge n. 689 del 1981, e' ridotta del trenta per cento se il pagamento e' effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione. ((La disposizione di cui al primo periodo si applica anche alle violazioni contestate anteriormente alla data di  entrata in vigore del presente decreto, purche’ l'interessato effettui il pagamento e trasmetta la relativa quietanza entro trenta  giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto all'autorita' competente, di cui all'articolo 17della citata legge n. 689 del 1981 e all'organo che ha accertato la  violazione)).

Commento 

Insomma una sorta di ravvedimento operoso dell’etichetta alimentare, dosato nella modalita’ di tutela della salute del consumatore. L’entusiamo per lo sgravio normativo (tutto sommato il legislatore pensa a noi, e agisce per noi) svapora  all’enpasse interpretativa. 
“Errore di lieve entita’”: Cosa vuol dire? Come applicarlo alla realta’ guerresca delle aziende dove corretta interpretazione dell’ indovinello normativo, evita il sacrificio pecuniario, in un contesto imprenditoriale, ove non sono piu’ ammessi imprevisti. Occorre disaminare preventivamente. 
Di lieve entita’?: Non e’ certo il caso di  una data di scadenza omessa, o una “dichiarazione allergeni su una quiche Lorraine in multipara”: caso indubitabile.
Potrebbe essere il caso di un carattere di scrittura sul cartiglio, in colore tutto rosso anziche’ nero? Un comune errore di stampa. Ma, il considerante 17 del FIC suggerisce che occorre tener conto anche di chi ha menomazioni visive. Quindi ai daltonici facciamo un torto, speriamo di lieve entita’. O il caso di un carattere pari a 0,9 mm di altezza, su una etichetta di ben 96 cm² stampata su fondo bianco, con stile de carattere di scrittura, poco chiaro.? Ancora: l’aver scritto “stabilizzatori” anziche’ stabilizzanti in lista ingredienti; questo errore non impatta sulla sicurezza alimentare, potrebbe essere inteso come un lapsus calamai. Ma come prevenire le interpretazioni piu’ talebane? La foresta dei sanzionatori pullula. 
Perche’ -ben dicono i garantisti- la massaia di Voghera deve essere rassicurata da un cartiglio di etichettatura che non lascia arbitrio ad errori interpretativi. Va da se’ comunque che malgrado l'ottemperanza al più' severo rigore di etichettatura,  la nostra massaia di Voghera,  rimane mediamente sovrappeso, mal alimentata,  seguace gretta di  leggende metropolitane sulle annone, che sfidano le normali leggi delle chimica, delle fisica e del misero buon senso comune. E' coccolata da  una offerta alimentare superiore alla immaginazione di Frank Herbert, ma la dieta rimane mediamente poco variata. 
Immaginiamoci il caso: il tuo cliente ti chiama. In sottofondo il rumore delle macchine alimentari, che sputa tonnellate di cartigli, ogni secondo sono migliaia di euro. “Mi confermi assolutamente che sul “maxi pack delizia con le 8 pacchetti” e’ di lieve entita’ che manca la data di scadenza su 6 di 8 perche’ la macchina si e’ rotta …. e ho gia’ 48 bancali in consegna all….Mi confermi che e' cosa lieve e possiamo riparare in 20 giorni facendo... VeroVero? Rif. 5 del D.L. 12 del 25/01/2012 fa seguito al FIC . L’insostenibile leggerezza dell’errore di lieve entita’ va materializzato; nella migliore delle ipotesi posso dire al cliente, per prendere tempo, che sto facendo una prova di laboratorio e entro 2 minuti cronometrati ha la risposta.Ennesima conferma del vizietto del legislatore: l’evanescenza incallita. 
Caro legislatore italiano, dalla formazione pesante e  libresca, la giurisprudenza alimentare non e’  una lotteria colorata, dagli infiniti sorteggi, e dalle mille sorprese ad affetto. In produzione i nastri caricatori corrono, con i soldi degli imprenditori (quelli rimasti vivi). Non vi e’ spazio per bizantinismi su cosa e’ lieve e cosa e’ “pesante.” Sei pregato di specificare esattamente cosa e' "di lieve entità'", prendendoti le tue "responsabilità'- fa anche rima. Sei pregato di esporti, come fanno gli imprenditori, i produttivi, i mille Giopi' de Sanga (i mille gioppini un po' tapini) che ogni giorno lavorano nella filiera food, cercando di fare del loro meglio per non scivolare sui mille tranelli tesi, dalla burocrazia. 
La scrivente, con con l’elmetto in testa, rimane in orgogliosa attesa del codice unico sanzionatorio, a ormai qualche anno dall’entrata in vigore del Regolamento 1169/2011. Sperando che la preghiera non diventi requiem di un documento mai emesso. 


Giopi’ de Sanga- consulente alimentare.