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E’ una regola consacrata, abbinare formaggio e vino. L’uno solido, mediamente grasso che si deve masticare e fa salivare in bocca, per agevolare la deglutizione, l’altro liquido, alcolico. Il primo in un piatto, esteso orizzontalmente, il secondo in un calice, esteso verticalmente, come a bilanciamento sia visivo sia gustativo. In occasione del corso sui grani antichi, organizzato da Ella, in collaborazione con Quotidie Magazine, il 3 e 4 aprile scorso, si è navigato verso una rotta alternativa, in tema di formazione. Questo con la consapevolezza che, percorsi formativi ovvi, siano tanto rassicuranti quanto velocemente battuti da chi ha modesta creatività imprenditoriale. Così, in questa lunga sessione di degustazione formativa, e’ stato introdotto un elemento scardinante, il pane, insolito, perchè realizzato con grani antichi. L’obiettivo è quello di fare un coaching di marketing (quante parole anglosassoni!), per gli addetti ai lavori, siano essi pizzaioli, panettieri e ristoratori. Fare innovazione nell’imprenditoria è un po’ come rigenerarsi; questo può significare rispondere a domande implicite della clientela che, vezzosa, ha sempre bisogno di qualcosa di nuovo per confermare la propria fidelizzazione al locale. L’abbinamento pani, vini, formaggi, è applicabile a un esercizio di ristorazione sia questo una stuzzicheria, un pub, pizzeria, pub, bar e così via. Lo stivale pullula di eccellenze casearie, è leader mondiale per il consumo di pane, fatto in panetteria, o per meglio dire ha inventato il pane. Infine, il vino nel primo semestre 2017, conferma un aumento delle vendite, sia a valore sia a volume. Quindi i tre soggetti sono consacrati dai potenziali consumatori. Il soggetto primo da cui partire per orchestrare l’abbinamento è il re formaggio. La docente presenta una sequenza di formaggi ottenuti da latte caprino, pecorino, vaccino, usati al 100% tal quali. Tra i primi, compare, un cacio a crosta nappata, umbro, affinato in grotta naturale, per almeno 16 mesi. La marcata nota ircina è arrotondata da quella di frutta secca (anacardo, tostato e grasso). Un grazie speciale a questo casaro, che malgrado le variabili delle stagionature , avvenute in ambienti naturali e del latte di capra, è riuscito nell’impresa di stagionare lungamente il formaggio, senza produrne amarori. Il sottocrosta sfuma dall’ocra intenso al giallo chiaro, a indicazione dell’assenza di shock in stagionatura. Qualche scaglia di questo cacio è stato presentata con una fetta, croccante di pane realizzato il giorno prima, dalla docente in arte bianca, con grano Russello. E’ stato usato al 100%, a prova della versatilità del grano stesso. Completa il binomio, un fondo di calice di Dolcetto D’Alba del 2014, delle cantine Brovia. Il vino, rosso, ha profumo intenso e permanente, è moderatamente tannico, caldo di alcol, senza offendere il palato. Ciascun componente della triade non deve mai superare per quantità e intensità del profilo sensoriale quello degli altri due. Se il formaggio è buono, basta una porzione di 20-30 grammi, specialmente se la “ruota dei formaggi” presentati annovera diversi esemplari. Segue un basso cacio pecorino, sporcato in crosta, dalle tracce erbacee. E’ stato stagionato in botte, su un letto di fieno, che viene via via rinnovato lungo il tempo della stagionatura, in occasione dei ribaltamenti manuali delle forme. Aroma e sapori pungenti, per acidità, nota stallatica, e molto altro. Viene accompagnato da un quadratino di pane realizzato con grano Perciasacchi, dal profumo intenso, e il retrogusto della farina abbrustolita, un po’ sapida. E’ grossetano il vino, rosso, di nicchia, che conclude questa triade, proveniente dalle cantine dell’agriturismo Muschi Alti. Il corpo sostenuto sostiene l’impetuosità dell’aroma del formaggio e le note fresche floreali rilassano le papille gustative con un tocco armonico finale. Puntando a Nord, si incontra il capolavoro alpino della Fontina (DOP). Malgrado i soli sei mesi di stagionatura, si profila immediatamente come altamente profumata (rimanda ai fiori di montagna), grassa e untuosa: anche se qualcuno non lo sa, il suo aroma spiega che è un opera di alpeggio. Si scioglie al palato. E’ la protagonista della degustazione, imprimendosi nella mnemonica sensoriale. Le viene incontro un cubetto dorato di pane da grano Maiorca, che con le sue note biscottate, tiene testa all’esplosione di aromi caseari. Corre incontro ai due, un (vino) calabrese: il Cirò DOC, Rosso Superiore Classico, direttamente dalle colline silane. E’ ribaldo al primo sorso, ma poco dopo si rivela strutturato di corpo: l’incontro tra Mord e Sud vince. Per coloro che vogliono stupire con individualismo cosmopolita, in epilogo chiude un abbinamento internazionale: un formaggio britannico, un vino francese, un pane, siculo. Ovvero: uno Stilton di 7 mesi, rigorosamente PDO, direttamente dalle terre del Nottinghmshire, in coreografia con un pane da grano Timilia, e con un (vino) biondo, Sauthern Lange-reglat. La salinità della pasta gialla del formaggio è addolcita dal fruttato enolico; mentre le note di muffa che emergono dai tubercoli bluastri del formaggio, sono accompagnati dalla forza del pane, scuro, fortemente umami. E’ il trinomio più impattante che può costituire da solo, una presentazione autoportante per un aperitivo di alta cultura, spiegato con appropriatezza, semantica e la consapevolezza di chi detiene la conoscenza. In sede di presentazione di questo triangolo d’oro,in degustazione, si potrebbe argomentare per molti minuti e raccontare del patrimonio unico, dei grani antichi, o di come vengono selezionati i chicchi delle uve attaccate dalla muffa Botrytis Cinerea, per vinificare in barrique, nelle brumose lande Sauthernes. Memento audere semper, inneggiava il propagandatore della beffa di Buccari: talvolta lo slogan marziale appare quanto mai appropriato, nella guerra della concorrenza. Avventurarsi per sentieri imbattuti, di nuovi abbinamenti, ricette, plus di servizio, può portare a nuove conoscenze dunque ad un potenziale ampliamento del business.
Finestra: Gli abbinamenti. gli abbinamenti del formaggio possono essere molteplici.
Formaggio e birra: abbinamento ardito in ragione della variabile del luppolo. La birra può offrire note amare, o barricate (o affumicate).
Formaggio e pani, ai cereali, dolci salati. Pane alle noci con formaggio Gorgonzola etc..
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- •Formaggio erborinato: miele di castagno / menta
- •Formaggio tipo grana: miele millefiori di montagna
- •Formaggio caprino: miele di rosmarino/ di lavanda
- •pecorino stagionato: miele di rododendro
- •Caciocavallo piccante: miele di tiglio
Per i pionieri di nuovi percorsi sensoriali, è stato testato, (dalla scrivente) formaggio e te’, rigorosamente te’ in foglie. Ad esempio:
- •Assam tea : maltato e nero, con una piacevole astringenza, in accompagnamento con un formaggio Morlaccio del Grappa o un Taleggio di avanzato affinamento
- •te’ aromatizzati: affumicati potrebbero sposare formaggi cremosi dolci di medio bassa stagionatura oppure una ricotta forte pugliese
- •Darjeeling tea: note di moscatello e spezie abbinati a un corposo Roccolo di Valtaleggio, ben stagionato.
Per chi fosse interessato l’abbinamento formaggi vini e pani verrà riproposto in occasione del corso magistrale dal 2 al 6 ottobre 2017 nello splendido scenario del castello di Bevilacqua (VR). Per informazioni: +3428488483 ella@whyjustfood.com
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