Quando la presentazione (del formaggio) influenza la valutazione sensoriale finale.
Uccidereste un formaggio intero, poco prima della sua sublimazione all’assaggio gustativo? Compromettereste la serratura di uno scrigno senza cosi’ poterne carpire molti dei segreti? Giammai!, Verdetto in risposta unanime. Questo non e’ un esercizio mentale di uno psicologo eccentrico, ma un quesito rivolto a chi, per porzionare un formaggio da degustazione, brandisce una lama da taglio, senza troppo badare alla futura incisione, per faciloneria e distrazione. Non e’ certo una questione di affollamento in cucina o di “tutto pieno in sala”. Basta poco. Basta seguire la geometria della forma, lineare, squadrata, adeguarsi ai volumi, perche’ le sembianze del tal formaggio non sono casuali. La consistenza del formaggio: gessosa di un Castelmagno, elastica di una pasta filata, adesiva di un Taleggio (molto stagionato), offre scenari via via differenti, per applicazioni di coltelleria specifica. Il taglio e’ come l’effrazione di un muro antico: racconta una storia. Quella del casaro che ha progettato il formaggio e quella delle ragioni, vecchie anche di secoli, che motivano la forma e il gusto del formaggio stesso.
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L’analisi prelimilare al taglio non puo’ prescindere dalla valutazione di eventuali sigilli, marchi, incisioni e punzonature, supperficiali.
Si puo’ porzionare in rettangolini, meglio in spicchietti, della lunghezza del raggio della forma, comprendendo la crosta, che deve sempre accompagnare la pasta del formaggio. E’ un sacrilegio tagliarla ed eliminarla con fare dispregiativo! La forma è l’archivio del capolavoro caseario, che silenziosamente snocciola moltissime informazioni: se il formaggio ha avuto una vita secondo rigoroso decalogo di produzione, oppure se ha subito qualche trauma più o meno lesivo per la sua integrità. Quando il formaggio ammicca in una danza di curve e rientranze ricordando le rotondita’ di mandarini, pere, testine globole, appese per una corda, occorre cercare la simmetria del manufatto. Che sia Caciocavallo(podolino o non), Provolone o altro, si spicchia la forma, in modo che la porzione in degustazione campioni la forma originale, con la parte apicale e terminale, e la pasta centrale piu’ umida. Forme impegnative di formaggi di grosse dimensioni, con pasta molle richiedono lame lunghe 30 centimetri e più: taglio a spicchi, nel rispetto della rotondita’ della faccia di appoggio. E’ un lavoro difficile sed aut vincere aut mori, perche’ ne va della valutazione gustativa successiva.
Lo studio della forma nello spazio evitera’ tagli stolti che lo sezionano lateralmente provocandone la deformazione e talvolta la rottura della crosta. Una indecisione durante il taglio: la massa si abbassa, il taglio e’ compromesso e sara’ “sporco”. Lo spicchio di formaggio erborinato rivela la sua natura di contrasti: la pervasione delle muffe con il loro amarore contrastato dalle gocce molli che, come la torre di Pisa, sono li’ per crollare sul piatto, ma resistono stentatamente. Questa e’ per progettazione casearia, una sinfonia di alti e bassi, di picchi pungenti e morbidezze vellutate; sezionare unilateralmente una porzione centrale o una porzione vicina alla crosta significa semplicemente, non essere all’altezza del capolavoro che si ha di fronte. Nessuna interpretazione pop della modalita’ di taglio, arbitraria a una presunzione sul profilo aromatico, con taluni che “scartano la parte vicino alla crosta perche’ piu’ amara o piu’ contaminata”.
Quando a comparire è invece re Parmigiano Reggiano o re Grana Padano, bisogna meglio comprendere che la battaglia si vince con l’arguzia e non (solo) con la forza bruta. Il taglio da formaggiaio, e’ quello verticale, che ripartisce la forma in due meta’ aventi crosta sia sopra sia sotto la pasta. Occorre trovare il centro, tracciarne la mediana ed operare con coltelli a uncino, corti, per incidere il segno del taglio, lungo la crosta, su entrambe le facce. I due coltellini a mandorla, servono per penetrare la crosta vicino allo scalzo, incidendo con un angolo di 90 gradi, la faccia della forma. In questo modo, con un indubbio contributo di forza fisica, si garantisce la presentazione della pasta a roccia, che lascia intuire all’assaggiatore a proposito di stagionatura, presenza di imperfezioni, e soprattutto, perfezioni di fattura. I cristalli di tirosina, biancastri, macchiano la base paglierina del formaggio, enfatizzando la tridimensionalita’ della pasta rocciosa. Nessuna conciliazione con coloro che osano fare scempio di questi due magnifici capolavori con indolenti, insipienti laminazioni meccaniche. Nemmeno se il fautore e’ uno chef nipponico o statunitense divenuto VIP per indubbio impegno e un pizzico di estroso egocentrismo: non basta il denaro per possedere una forma di 36, o 42 mesi; occorre saperla adeguatamente valorizzare.
Meus molliculus caseus[4]: spettatore impassibile dell’affacendarsi culinario, continua a riflettere sia sulla maestria sia sulla inadeguatezza dei dichiarati maestri assaggiatori si che, si possa migliorare nello spiegarti.
Didascalie e spiegazione foto:
Foto 1: Il formaggio nello spazio: Prima di procedere al taglio di una forma di formaggio, qualunque siano le dimensioni e la geometria, lo si valuta nello spazio, toccandone la crosta e cercando di capire la stagionatura della pasta. Girare con cura la forma, per valutare eventuali asimmetrie tra le facce.
Foto 2: Modalità di taglio di un formaggio a pasta semi-dura di latte di vacca pastorizzato. Facce piane, squadrate. L’azione di forza deve essere costante in modo da ottenere una porzione omogenea, senza sbavature sino a tagliare nettamente la crosta. Non è consentito agevolare il taglio, strappando le due porzioni di formaggio, aiutandosi (magari) con le mani.
Foto 3: Formaggio a pasta molle di grandi dimensioni. Taglio senza compromessi, con una lama superiore a 30 cm di lunghezza, senza deformazioni.
Foto 4 : E’ riportato un ottavo di forma di Parmigiano Reggiano, conservato in refrigerazione sotto vuoto. Per poter presentare questo formaggio in modo adeguato, occorre scalzare la pasta con un coltellino corto, ricavando porzioni irregolari per forma e dimensione. Le puntature bianche sono cristalli di tirosina, (un amminoacido): possono essere assunti come indicatori empirici di corretta stagionatura.
Note:
1. Il Mascarpone, tradotto in inglese come Mascarpone cheese, presente in moltissimi concorsi e spesso declinato come formaggio, in realta’, proprio per definizione di formaggio, non e’ tale.
2. Coltellino spalmaburro, o butter spreader in inglese.E’ curioso notare che tartineur, significa anche: celui que tartin, que fait de longs developmants sur un sujet. Ovvero colui che ama fare arzigogoli su un argomento, un po’ come colui che indulge nel guarnire con il burro un crostino di pane.
3. Robiola di Roccaverano, formaggio DOP, realizzato con latte misto.
4. Formaggio mio!
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