ELLA credo

Credo nel lavorare bene e con passione
Credo che se i prodotti sono validi e il servizio e' valido, sia giusto ricavare profitto
credo nel metterci la faccia, nel fare errori e ripartire da zero


domenica 24 aprile 2016

un te' da Valentina in una notte magica

I run to the magic. I took a ticket to the Artic Circle, a voyage to the edge of my map and expectation


Accade in un un qualche giorno di ottobre; in un orario dimenticato. Intrappolata nella vastita’ pungente del permafrost siberiano, ho un appuntamento non scritto con Valentina, la Nenet che mi ospita nel suo chum. Il tutto forse per un paio di dollari a notte, vitto incluso. E’ l’imbrunire: ho terminato le mie incombenze quotidiane, per la scorta della legna al bosco, e la raccolta dell’acqua. Clandestinamente, ho deliziato la mente con l’igiene personale in un ruscello non completamente ghiacciato. Valentina e’ una Nenet, o Nietsi, il popolo dei Samoiedi che si estende in una vasta regione della Siberia occidentale, da svariati secoli. Volto squadrato, segnato da solchi taglienti, portamento composto, sorriso raro e sempre timido. Il fumo della combustione nel chum, offusca uno scenario che si ripete piu’ volte al giorno. I Nenet intervallano la fatica della cura delle mandrie a pause ristorative continue. Una manciata di briciole di granelli di the’ bruni in una tazza crepata e sbeccata; il samovar ammaccato la riempie con acqua color cinnamono e vapore. Presto l’interizzimento corporeo finira’. Alzo la tazza, simultaneamente il piattino sotto apposto viene ghermito dalle dita tarchiate di Valentina che si versa un po’ di the’ e acqua bollente; i Nenet bevono il the’ (solo the’)

nel piattino per raffreddarlo velocemente. Sorbisce rumorosamente, e quando la guardo aumenta il rumore: vuole compiacermi?  Ci riesce. 
Valentina striglia la pentola per la cena con ciuffi profumati di muschio bianco. E’ raccolto in primavera ed estate. Serve anche come pannolino per i neonati, per lenire i dolori per fare cuscini e molto altro. Ne hanno sporte intere. Percepisco il mio odore bestiale, per la convivenza con le renne, ma e’ tutto sommato piacevole perche’ sa anche di muschio bagnato, ha un che di ligneo e di esotico; forse i formulatori del mio profumo preferito (unico)-Oppium sono venuti qui a catturare le molecole di selvatico, di cedro (ve ne sono!) e di betulla. Le sensazioni sono due: il piacere del suo sguardo fisso su di me e il calore del the’ amaro. Per prolungare l’intesa tra coetanee diverse, spalmo il burro su un umida fetta di pan carre’. Inarrestabile la schedatura sensoriale:-pane prodotto da surgelato- lievitazione chimica istantanea- crudo- additivato di sorbico- nota del cartone e della farina debole. Burro salato, manca totalmente la nota butirrica e lattica, tipica del burro italico. E’ troppo lucido, deve avere un alto punto di fusione. Forse c’e’ della curcuma per colorare. Assenza di sapore, modesta l’avvolgenza palatale, malgrado sia 100% fat! Mi piace sognare che condivido la crapula di carboidrati e grasso con qualche lemming nascosto tra le pelli, fara’ pulizia delle bricioline cadute. Del resto questa e’ la terra del comunismo. Let’s share. La comunicazione e’ affidata al linguaggio del corpo, laddove l’esigenza di esprimersi impone di coglierne ogni cenno impercettibile; cio’ consente scambi profondi, tra, se’ e se’ e tra se’ e l’altro. A un solo fremito delle mie ciglia, Valentina soddisfa la mia dipendenza cronica da te’ nero: versa the’ a volonta’, bruciante, denso, che ti allappa la bocca perche’ ha la nota dominante metallica e retrogusto tannico. Ho tutto quello che mi serve, lontano dagli italiani tronfi di una superiorita’ da tempo disintegrata, dagli Europei corrotti inquinatori; qui mentire non serve. Compare una scatoletta di plastica: zucchero mescolato a mirtilli e lamponi selvatici: sono quelli che si raccolgono mentre si va a legna al mattino. Profumo candido, nota asprigna, ma il palato mi dice che il Brix e’ almeno 14. Bizzarramente sanno di sole, di calore. Questi frutti rossi sono la fonte di vitamina C per i Nenets, in molti mesi dell’anno, compensata dal sangue di renna, bevuto crudo prima della coagulazione, con una spruzzatina di sale. Lascio il posto alla famiglia, che per rispetto dell’ospite ha atteso la fine del mio pasto dall’altro lato del chum, in totale silenzio. Useranno la mia posateria, come io ho usato la loro. Il vento solare disegna una danza barocca con il verde scintillante dell’aurora boreale. Ipnosi catatonica: questa e’ la magia della Siberia che obbliga alla riappacificazione, che “purifica ogni cosa, anche il diavolo” come scrive Colin Thubron. 

Il vuoto infinito e’ la tua galera fisica ed interiore, o concili con te stesso o muori. Sicuramente anche Fedor Dovstoeskiij, in esilio ai lavori forzati non molto lontano da qui, verso Omsk, ha provato la stessa cosa. Malgrado il sacco a pelo sono gelata, ma e’ un dettaglio.

Per arrivare qui: In viaggio con Kirill nel retro di un cingolato….. e non solo
Dopo due aerei per arrivare a Yar Sale, tante ore di autobus, un giorno di traghetto lungo le correnti del fiume Ob, mi aspetta un viaggio nel viaggio, con Kirill, anche a bordo del suo cingolato. Kirill, un Nietsi non conosce una parola di inglese, per giorni, mi prende in giro con ironia ellittica. Quando non e’ con me, mi segue con lo sguardo come per cogliere dei dettagli. Corpulento e vigoroso, mi svela la filosofia Nietsi. Non serve la laurea per comprendersi, devo ricordarmi di dirlo alla donne dedite allo psicologo e al dietologo e alla manicure e pedicure e alle borse di Jummy Chou (come si scrive?). Dopo molti giorni di convivenza scopriro', da un interprete che lui ha chiamato, che Kirill mi ha letto dentro, lui un nomade sporco che porta amuleti sciamani straccioni sotto il cappottone di renna, del nonno. Arrossisco molte volte, dentro e fuori; non mi capacito.  Devo accettarlo, con abbandono e fiducia. Questo e’ un altro mistero dell’incanto siberiano. Addio Kirill, mio principe Nietsi. 

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